Tutti gli indicatori segnalano allarme rosso, e anche le crisi fiscali e previdenziali cominciano a fare paura.
La guerra, ma forse le cause sono da ricercare anche altrove, ha innescato un processo che di questo passo rischia davvero di condurci dritti verso un periodo di recessione.
1 azienda su 2 a rischio fallimento, caos bonus edilizi
In questo marasma le imprese rischiano di affondare anche sotto il peso dei debiti fiscali, che continuano a rappresentare una zavorra da cui non si riesce a liberarsi.
Qualche giorno fa, CNA ha lanciato un allarme pesante: 33 mila aziende artigiane che ruotano attorno alla filiera delle costruzioni sono a rischio fallimento a causa del caos che regna intorno ai crediti derivanti da bonus edilizi, superbonus 110% su tutti.
Se ciò accadesse, quel che si porterebbe dietro sarebbe una crisi sociale devastante perché in gioco ci sono circa 150 mila posti di lavoro.
Anche su questo fronte è arrivata la stretta da parte delle banche.
Proprio in questi giorni Intesa San Paolo ha comunicato ai suoi clienti che “la norma di legge impone, per tutti gli operatori del mercato, un vincolo di compensazione che prevede che ogni anno i crediti fiscali come quelli edilizi non possano eccedere il livello di imposte e contributi versati dalla banca e che appunto possono essere oggetto di compensazione”.
Tradotto, stop alla sottoscrizione del contratto di cessione del credito, con migliaia di cantieri già aperti che adesso non si sa che fine faranno.
Un problema enorme per i privati ma soprattutto per le imprese artigiane a cui erano stati appaltati i lavori e in molti casi già avviati.
Una montagna di debiti fiscali, incombe la scadenza di agosto della rottamazione ter
Non manca poi molto alla prossima scadenza della rottamazione ter.
Il termine “ultimo” per pagare le rate in scadenza nel 2021 è fissato al 31 luglio 2022, con i cinque giorni di tolleranza (articolo 3, comma 14-bis, del DL n. 119 del 2018) che spostano la scadenza a lunedì 8 agosto 2022.
Sarà un altro banco di prova importante, ma se il buongiorno si vede dal mattino c’è poco da stare allegri.
Alla scadenza del 20 aprile per le rate 2020 solo 1 contribuente su 2 è riuscito a onorare gli impegni: tutti gli altri non ce l’hanno fatta perdendo i benefici e mettendosi nella condizione di ricevere a stretto giro di posta un’intimazione di pagamento (come difendersi).
E così sarà per le prossime scadenze di agosto e dicembre.
Se il pagamento avverrà oltre i termini previsti o per importi parziali, la misura agevolativa non si perfezionerà e i versamenti effettuati saranno considerati a titolo di acconto sulle somme dovute.
L’appello del presidente di CFI Carlo Carmine: “Stop alle scadenze fiscali”
La rottamazione, poi, è solo la punta dell’iceberg.
“Sappiamo bene – commenta il presidente di CFI, Carlo Carmine – che il 2022 ha fatto segnare un netto cambio di rotta da parte di Agenzia delle Entrate dopo due anni di relativa calma. I debiti fiscali erano stati solo congelati e adesso tornano prepotentemente a bussare alla porta degli imprenditori.
Imprenditori, però, che devono fare i conti con tutto il resto: mancanza di liquidità, prezzi di materie prime alle stelle, costi energetici quadruplicati. Un disastro annunciato che sta mettendo in ginocchio decine di migliaia di PMI.
E’ arrivato il momento di fermarsi e dare respiro ai nostri imprenditori – conclude Carlo – fermando la riscossione e riprogrammando le scadenze della pace fiscale. In caso contrario temo che il sistema andrà in tilt”.
Ora più che mai il network dei commercialisti Garanti dell’imprenditore di CFI diventa un sostegno vitale per gli imprenditori in difficoltà, che hanno bisogno delle ricette giuste per accompagnare la propria azienda oltre la crisi.
Il Network è in grado di mettere in campo tutte le più innovative soluzioni per risolvere le crisi fiscali e previdenziali.
Inoltre, ha il grande vantaggio di ridurre fino ad eliminare qualunque responsabilità per il professionista e per lo stesso imprenditore, anche in presenza di situazioni debitorie superiori ai 500 mila euro.
Il concordato preventivo deve essere accompagnato dalla relazione di un professionista specializzato
Ora è il momento di agire.
Utilizzando tutti gli strumenti messi a disposizione dal codice della crisi (in vigore dal 15 luglio pv), come i nuovissimi P.R.O. (Piani di Ristrutturazione con Omologazione).
Ma soprattutto, per i grossi debiti col Fisco (ed INPS), l’imprenditore può ricorrere agli accordi di Ristrutturazione del debito e soprattutto al Concordato preventivo, entrambi gli istituti da affiancare con la Transazione Fiscale.
Per risolvere crisi fiscali e previdenziali appare di grande efficacia il concordato in continuità aziendale, che prevede la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione.
Il d.l. 118/2021, convertito nella legge 21 ottobre 2021, n. 147, ha chiarito che il tribunale può omologare il concordato preventivo anche in mancanza di adesione.
Quindi, anche in presenza di un voto contrario da parte dell’amministrazione finanziaria.
Ma attenzione. La proposta del debitore deve essere accompagnata dalla relazione del professionista specializzato in cui si dimostri che è più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.
È tempo di agire affiancato dal professionista giusto.
Affidarsi oggi e non domani a chi può mettere in campo la propria esperienza e la propria capacità di abbattere dell’85% (ed oltre) il carico fiscale pregresso significa poter dedicare tutte le proprie forze economiche per sviluppare il mercato ed onorare i propri impegni.
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